Siamo noi la storia più bella da raccontare

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Poeti, scrittori, comunicatori e storyteller: una gang alla ricerca costante di immagini e figure da rappresentare su carta, su slides, sul proprio social feed. Da sempre mi è stato detto che per scrivere bene bisogna innanzitutto vivere. Che il vero comunicatore - professionale e non - è colui che ha empatia, che sa osservare. Questa la ritengo una delle mie eternal truths. 

Quando ci viene chiesto di raccontare chi siamo, dei nostri desideri, del nostro passato e storie, stiamo scrivendo il racconto più bello di tutti, fatto su misura per noi e che magari gli altri non andranno mai ad analizzare e conoscere in toto ma che rappresenta chi siamo e il nostro percorso.

Siamo fatti di storie e scegliamo i libri dagli scaffali e mettiamo like a post che ci ricordano di qualcosa in noi. In costante ricerca di un filo logico che ci faccia percepire in simbiosi con gli altri, con i libri, con le immagini intorno a noi. Questo è praticamente il principio per cui facciamo tutto. Io questa dinamica la chiamo “corrispondenza” ma a ciascuno la sua definizione: un’esperienza, una persona, una parola che crei una connessione profonda con qualcosa di te e che, di conseguenza, rimane maggiormente inciso. Questo forse avviene perché siamo fatti per sentirci appartenere, forse perché l’umanità è in ultimo sempre alla ricerca di una casa, di una pace interiore e quindi appena troviamo qualcosa che accenni a questa forma di appartenenza strutturale, ci aggrappiamo come un cucciolo alla sua mamma.

Siamo fatti di storie che non riusciamo a incastrare tra di loro, che cerchiamo di assemblare in forma sensata come un puzzle per sentirci categorizzati abbastanza per gli altri. Cechiamo di definirci sotto gli hashtag di Linkedin o far stare tutto logicamente in una bio di massimo 150 caratteri su Instagram. Ma se ciascuno di noi è una storia, bisogna accettare i cambi di trama, i personaggi che non sappiamo cosa c’entrino e, più di tutto, dobbiamo accettare di non aver ancora scritto i prossimi capitoli. 

Quando in colloqui o varie sedi mi chiedono dove mi vedo tra 10 anni, mi passa davanti la vita. Penso alla me di 10 anni fa e all’impossibilità di vivere per altro che la realtà. 10 anni fa ero in un’altra città con altre persone e visioni del mondo. Sicuramente le mie linee guida sono sempre le stesse e il mio timbro rimane invariato, ma chi sono io per pensare a dove sarò nel futuro? Certo, ti posso raccontare quali sono le mie aspirazioni, quanti figli vorrei avere, quanti libri vorrò aver scritto ma mi verrebbe da rispondere che voglio essere felice e in grado di raccontare un ulteriore pezzetto della mia storia.

Siamo fatti di storie e come dice la grande poetessa Maya Angelou, "non c'è agonia più grande che portare dentro di sé una storia non raccontata". So… what’s your story? 


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